Il pianista della Costa Concordia ha ricominciato a suonare al Victoria & Albert Museum
Dieci anni dopo la tragedia della nave da crociera che naufragò all'isola del Giglio, Antimo Magnotta, l'italiano che quella notte stava suonando il pianoforte, racconta cosa accadde a bordo e come ha ricominciato a vivere. articolo di Daniela De Rosa LONDRA – “Novecento, il pianista sull’oceano”, per parafrasare il monologo teatrale di Alessandro Baricco e il film che ne ha tratto Giuseppe Tornatore, si chiama in realtà Antimo Magnotta, è originario di Caserta e vive a Londra. Il suo oceano è stato il mar Tirreno: si trovava a bordo della Costa Concordia la maledetta sera di dieci anni fa, quando il comandante Francesco Schettino si avvicinò troppo alla costa dell’isola del Giglio e causò il naufragio della nave che, in quel momento, trasportava oltre 4000 persone, 32 delle quali persero la vita. Antimo era pianista di bordo. Aveva un contratto di circa sei mesi e avrebbe continuato con le crociere nel Mediterraneo. Sua figlia era scesa da poco, aveva compiuto con lui la crociera precedente. Quella sera, poco dopo le 21, stava suonando a poppa della nave, al Ponte 5, ed esattamente al Bar Vienna, uno dei più eleganti. Si sarebbe dato il cambio, di lì a poco, con un trio di archi capeggiato da Sandor, un vecchio amico di Antimo, musicista ungherese che a differenza di lui non ne è uscito vivo. “Il fatto che io stessi lavorando mi ha probabilmente salvato la vita”, ci racconta. “La mia cabina, insieme a quelle delle persone di equipaggio a cui noi che lavoravamo eravamo assimilati, si trovava in basso, vicino all’acqua. Tra un turno e l’altro, di solito, si torna in cabina per riposare. Se non fossi stato di turno al momento dell’impatto forse sarei stato in cabina e non mi sarei salvato”. Il mare era calmo, le condizioni erano ideali alla navigazione, ma la nave si era piegata all’improvviso. Antimo è stato sbalzato dallo sgabello mentre suonava e il pianoforte è stato strappato dai fermi. “Ho pensato che avrei dovuto scendere a vedere se quello che avevo, computer e altro, si fosse danneggiato. Per fortuna non l’ho fatto”. In quanto membro dell’equipaggio, Antimo era addestrato su base settimanale a saper distinguere i codici sonori emessi dalle sirene, che invece devono restare sconosciuti per il pubblico, per non generare panico. Il famoso “Sette squilli brevi e uno lungo” (diventato poi il titolo del libro da lui scritto su quella notte, ora tradotto anche in inglese), è arrivato con almeno un’ora di ritardo. “All’equipaggio, fatto da ufficiali ma anche musicisti, chef, ballerini, maghi o preti, era richiesto di coordinare l’evacuazione. E io ho cercato di fare quello che dovevo. Ma un lato della nave era ormai sott’acqua e si era portato via scialuppe, zattere e dotazioni di sicurezza. Ho fatto del mio meglio per calmare i passeggeri che si stavano facendo prendere dal panico. Ci siamo avvicinati al centro della nave, dove c’è maggiore equilibrio, per aspettare istruzioni. Mi aspettavo di sentire la voce di Schettino, che doveva dare istruzioni. Ma non è mai arrivata”. Poi sono arrivati i blackout, che hanno generato ulteriore panico. Con più di un’ora di ritardo è risuonato il segnale di emergenza generale e Antimo ha raggiunto la sua postazione, dove avrebbe dovuto raggruppare 25 membri dell’equipaggio da far imbarcare su una scialuppa di salvataggio. “La cosa più difficile da fare era camminare, perché la nave era completamente inclinata. Dovevo aspettare un ufficiale che facesse scendere la barca, ma non è arrivato nessuno”. Antimo, a questo punto, si è arrampicato con una corda sulla fiancata della nave esposta, anche questa inclinata, e da lì ha aspettato i soccorsi, che sono arrivati dopo circa quattro ore. “Ho pensato di tuffarmi. Ma era gennaio e rischiavo l’ipotermia”. Sopravvivere a un naufragio è un’esperienza terribile. Ma quello che è seguito non è stato meglio. “Mi sono ritrovato senza niente. Senza soldi, senza lavoro. Il risarcimento ci ha messo cinque anni ad arrivare. Ho scelto di trasferirmi a Londra perché qui abita la mia ex moglie con mia figlia. E ho ricominciato da zero. Ho trovato lavoro come cameriere al Victoria & Albert Museum. Non l’avevo mai fatto prima, nemmeno da ragazzo. Ho cominciato a suonare il piano a sei anni. Ne avevo 42 quando avvenne il naufragio e nel frattempo non avevo mai fatto altro che suonare”. Antimo ha ricominciato con una paga di £6.50 all’ora, con grembiule e cappellino, a raccogliere le tazzine e gli avanzi di torta dei turisti frettolosi. Nella sala che gli è stata assegnata c’era un pianoforte, che ha iniziato prima a spolverare, poi a strimpellare; fino a che ha raccontato al suo manager che sotto la veste di cameriere c’era un pianista che non vedeva l’ora di mettere le mani sulla tastiera. “Per me è stato un miracolo. Mi hanno ascoltato e mi hanno dato il posto. E il V&A è dove suono da nove anni, tutti i fine settimana”. Il pianoforte, il libro, e un album dedicato alla memoria di chi, da quella notte, non c’è più. Si intitola “Inner landscape” ed è composto da brani che hanno titolo inequivocabili: “I’m alive”, “Abandon the ship”. Nel frattempo Francesco Schettino è stato condannato a 16 anni di reclusione ed è ancora in carcere, a Rebibbia. Nel maggio 2022 il suo avvocato potrebbe chiedere misure detentive alternative e quindi il comandante potrebbe lasciare la prigione. La Costa Concordia è stata smembrata e demolita. “Mi resta l’insonnia”, conclude Antimo. “Brutti ricordi, uno stress post-traumatico, amici che non ho più. Ma ho ricominciato a vivere. E Londra mi ha dato una grossa mano”.
3 Comments
Nic Elliot
1/14/2022 05:43:25 am
Hi Antimo, it's your friend Nicolas. Remember the day we met, when I was playing the piano in the Gamble Room? I'm so happy to hear you're back at your V & A gig!
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Antimo
1/15/2022 12:24:02 am
HI Nicolas, thank you very much for your message. Yes I'm back after a long while. Come and say hello when you have a chance!
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Joseph Giordano
1/26/2022 01:35:00 pm
Maestro,
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